“Società alla deriva e disvalori, i femminicidi aumentano tra i giovani”
Bianca Senatore intervista la criminologa Mammoliti
In questa nostra società dove l’odio dilaga, sui social e nella vita quotidiana, anche le forme di aggressione verbale e fisica alle donne sono diventate normalità. I recenti casi di femminicidio, poi, hanno dimostrato che non sono solo uomini adulti a diventare killer, ma anche giovani o giovanissimi. I numeri delle donne uccise ogni anno aumentano sempre. Sono cento le vittime di femminicidio da gennaio a novembre 2024, un numero di poco inferiore allo scorso anno ma ugualmente enorme. Perché sono sempre più i ragazzi ad arrivare all’omicidio? Il femminicidio è un segmento inquietante del fenomeno dei discorsi d’odio? Lo abbiamo chiesto alla criminologa Cinzia Mammoliti, esperta di violenza domestica e manipolazione relazionale.
Che quadro generale possiamo dare del fenomeno del femminicidio?
Le statistiche dimostrano che, al livello numerico, non ci sono stati significativi aumenti, però è quasi come se si fosse messo in moto un processo imitativo. Per cui, col passare dei giorni, si susseguono altri casi uno dietro l’altro. Il femminicidio c’è sempre stato, non è una novità di questo periodo storico, ma il fatto che i numeri rimangano così alti significa che molto poco e si è fatto e si sta facendo al livello di prevenzione, sensibilizzazione e educazione, soprattutto tra i giovani, che sempre più spesso sono protagonisti di atti feroci.
In che modo il dramma dei femminicidi si inserisce nel macro-problema dei discorsi d’odio?
Siamo nella società della mancanza di rispetto per antonomasia; nell’epoca della mancanza di etica e di valori. E questo clima melmoso è fomentato anche da certi media nazionali, dalla televisione in primis, e dai social. La comunicazione mediatica ha praticamente normalizzato la violenza e l’aggressività. E proprio questa normalizzazione, a mio avviso, ha favorito omicidi e/o aggressioni che forse non sarebbero stati commessi se non ci si sentisse autorizzati implicitamente dal sistema a essere violenti, aggressivi, iper-competitivi e invidiosi. È come se tutte quelle che sono le doti buone delle persone come l’umanità l’empatia, l’accoglienza e l’ascolto fossero in qualche modo penalizzati in questa società in cui, invece, vincono i disvalori. Ci continuano a propinare il modello di quello che urla di più, che grida di più, che insulta di più forte, che prevarica. E questi paradigmi vengono assorbiti da tutti, ma soprattutto dai più giovani.
(continua)
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